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La diagnosi e i suoi vantaggi

    Il processo diagnostico, (diagnosi, dal greco dia gnwsis = conoscenza attraverso), si sviluppa nelle sedute iniziali e accompagna in seguito l’intero periodo di psicoterapia, mentre l’ipotesi diagnostica è riferita ai soli primi incontri, indispensabili per comprendere la possibilità di presa in carico di un determinato paziente. Formulare una diagnosi non significa applicare sommariamente un’etichetta: intende piuttosto comprendere il paziente nelle dinamiche psichiche della sua condizione, nel sintomo e in ogni prodotto dell’inconscio che emerge nella relazione con l’osservatore. L’indagine diagnostica a orientamento psicoanalitico muove dal superficiale (il sintomo) per accedere al profondo (le cause): in tal modo la singolarità del sintomo si connette all’insieme degli elementi che compongono il quadro dell’intera personalità del paziente. Un processo che conduce dall’elemento isolato all’insieme o struttura, dal semplice al complesso, dal presente al passato e viceversa. L’analisi bioenergetica pone l’attenzione al corpo nella sua interezza, alla gestualità, alla vitalità e al fluire dell’energia, integrando questi preziosi aspetti con le produzioni verbali. Anche gli elementi relazionali osservati saranno sia corporei, sia esplicitati verbalmente. I test psicologici, sebbene siano considerati, non rappresentano per il nostro orientamento il canale elettivo per tentare di comprendere i processi psichici e le posizioni caratteriali di un individuo.

Il progetto diagnostico, quando è arricchito della sensibilità e della preparazione del clinico, offre diversi vantaggi:

  • E’ fondamentale nella pianificazione del trattamento,
  • Aiuta a comprendere il probabile decorso della patologia (prognosi),
  • Favorisce la costruzione del sentimento di empatia da parte del terapeuta,
  • Riduce la possibilità che pazienti ansiosi e spaventati possano abbandonare il trattamento.
Modalità di esplorazione diagnostica

Tra i vari modelli di colloquio clinico troviamo quello nosologico descrittivo e quello interpretativo esplicativo.

La modalità nosologica descrittiva, tipica della psichiatria, può essere di tipo sindromico, globale o psicodinamico.

Sindromico:
Valutazione dei sintomi e della loro combinazione in sindromi (quadro sintomatologico) per effettuare un “inquadramento” clinico. Per fare questo vengono prese in considerazione tutte le funzioni psichiche alla ricerca di quelle alterate;

Globale:
Si valutano solo i sintomi “bersaglio”, cioè quelli su cui una determinata terapia agisce.

Psicodinamico:
Di maggiore vicinanza al modello interpretiativo esplicativo, più che i sintomi si cercano i conflitti, le motivazioni inconsce, le difese, quindi è indipendente oltre che dai sintomi anche dai “quadri” clinici (Rossi, Scarsi, 1983). L’approccio psicodinamico é un approccio alla diagnosi ed alla terapia caratterizzato da un modo il pensare, che comprende il conflitto inconscio, le carenze e le distorsioni delle strutture intrapsichiche e le relazioni oggettuali interne” (Gabbard, 1994 pag. 4)

Con la modalità nosologico descrittiva è opportuno, nel corso dei primi appuntamenti, fare molte domande e prendere appunti. Rimane sempre una buona regola comunicare preventivamente quest’approccio al paziente e chiedere il permesso di prendere direttamente (davanti a lui) appunti di natura riservata, rispettando il diritto di differire la risposta se in quel momento non si sente pronto a rispondere. Capire che il terapeuta non raccoglierà in nessun caso rivelazioni premature offre abitualmente sollievo al paziente. La fase anamnestica, indipendentemente dallo stile scelto dal terapeuta, è una prima tappa fondamentale che annota una serie d’informazioni indispensabili per poter accettare la presa in carico consapevolmente e, unitamente agli elementi non verbali colti, ad orientare l’ipotesi diagnostica e l’inizio del processo terapeutico.

La scelta dell’approccio psicodinamico richiede una particolare attenzione nei confronti del paziente, considerando l’opportunità e l’inopportunità di prendere appunti direttamente nel corso della seduta. Occorre evitare la perdita di contatto empatico che il continuo distogliere dello sguardo, e quindi dell’attenzione relativa ai processi in corso nella loro interezza, potrebbe indurre. Personalmente, preferisco dedicarmi interamente al paziente con il sistema interpretativo esplicativo, cercando di cogliere anche e soprattutto i processi corporei della diade. M’impegno a scrivere in un secondo momento una relazione sulla seduta.
E’ importante percepire emotivamente quello che il paziente prova, credo che la sola preoccupazione di ricordare ogni particolare importante per poi annotarlo fedelmente, costituisca una base per stemperare l’energia del qui ed ora, le persone sono molto più rassicurate quando sentono che il loro interlocutore è a proprio agio.
Una relazione terapeutica avrà probabilmente un buon inizio se il paziente percepisce la curiosità del clinico, la sua relativa mancanza di ansia e la convinzione che il trattamento appropriato potrà iniziare non appena sia stato meglio compreso.

Una possibile fonte del disagio di alcuni terapeuti con la diagnosi è
la paura di sbagliarla,

per fortuna la prima formulazione del clinico non deve essere necessariamente “giusta” per fornire i vantaggi descritti. Una formulazione inesatta può essere considerata solo un’ipotesi provvisoria, senza alcuna perdita per il processo.

Spesso il paziente prova gratitudine nei confronti dell’analista che evita ogni forma di arroganza terapeutica e dimostra invece il proprio interesse considerando diverse possibilità. (Nancy McWilliams, La Diagnosi Psicoanalitica, Astrolabio, Roma, 1999, parte I° - pag. 35)

In bioenergetica la fase diagnostica è di carattere narrativo processuale, i caratteri sono descritti dinamicamente, si pone una particolare attenzione alle risposte emotive del paziente. Lo scopo dell’analisi bioenergetica non è quello di sbloccare una situazione, lavoriamo sui blocchi per liberare le emozioni, in questa visione della psicoterapia, la diagnosi è un processo che accompagna l’intera esperienza terapeutica che, come sappiamo, si può articolare in diversi anni di lavoro. La diagnosi non rappresenta un'etichetta ma un profumo, utile per orientare il clinico verso una co-costruzione finalizzata al raggiungimento di un obiettivo comune ad entrambi, la risoluzione dei problemi del paziente ed il raggiungimento di un maggiore benessere corporeo, intrapsichico, interpersonale e relazionale.
La raccolta anamnestica richiederà più incontri, le domande dirette giudicate indispensabili si concentreranno nel primo colloquio, altro materiale, sempre importante, fluirà in armonia con i tempi, le scelte e gli insight del paziente, in un continuum orchestrato dal consolidarsi della relazione e dal crescere dell’alleanza terapeutica.


Dott. Cosimo Aruta
Psicologo, psicoterapeuta, Analista Bioenergetico, Supervisore
Iscritto all'Ordine degli Psicologi della Lombardia con il n° 12147

 

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