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home> psicologia > bioenergetica > le proiezioni, l’attribuzione dei propri sentimenti e affetti inaccettati all'esterno

Le proiezioni e il processo terapeutico

Secondo la psicodinamica, dal momento che il paziente ha interesse a mantenere inconsci i veri motivi del comportamento e oppone loro delle resistenze, non è possibile raggiungere la consapevolezza con un’indagine diretta, bensì con il metodo delle associazioni libere e dell’interpretazione dei sogni.
Nella terapia psicodinamica, l’analisi e la comprensione delle resistenze sono parte fondamentale del lavoro terapeutico. Il terapeuta non deve svalutare le resistenze, ma accoglierle con interesse, ricercando l’aiuto del paziente per comprenderne l’origine.
Wilhelm Reich fu tra i primi contemporanei di Freud quello che approfondì maggiormente il concetto di resistenza (difesa psicosomatica cristallizzata nell'armatura caratteriale). Soprattutto nella prima parte della sua opera, egli si occupò di tecnica psicoanalitica in maniera originale, i risultati dei suoi studi sono raccolti nella sua opera oggi maggiormente ricordata: “Analisi del carattere” (1933). Si deve a Reich avere ripreso e portato alle sue estreme conseguenze il concetto di resistenza, per cui l'analisi delle resistenze non solo diventa per Reich necessaria prima del lavoro interpretativo, ma essa viene quasi a costituire un lavoro a sé, una lenta e minuziosa decostruzione che deve aver per oggetto prima l'analisi delle resistenze e solo successivamente, una volta smontata la corazza caratteriale, l'eventuale lavoro interpretativo sui contenuti psichici e sul transfert. Reich diede il nome di corazza caratteriale all'insieme delle resistenze e delle difese che, nei diversi individui, possono assumere stili e tonalità particolari.
Nel transfert conflittuale il ruolo transferale è “come se” il terapeuta fosse l’oggetto di attaccamento affettivo. Il paziente si difende o sviluppa resistenze nei confronti del transfert conflittuale perché non è proprio quello di cui ha bisogno. Nella psicoterapia bioenergetica, un tema importante che riguarda la resistenza del paziente è la gestione dei conflitti. Il conflitto va affrontato e considerato parte del processo terapeutico nel lavoro con la parte adulta. Nel lavoro con la parte più vulnerabile (bambina), occorre energizzare la proiezione per fare emergere la resistenza. Il terapeuta incarna la proiezione in un lavoro carico energeticamente, favorisce l’espressione verso se per poi spostarsi e favorire il processo di consapevolezza attraverso domande chiare e dirette, ad esempio:

  • Al mio posto chi c’è?
  • Cosa ti ha fatto arrabbiare?
  • Nella tua vita, chi aveva queste caratteristiche?

Il lavoro sulle proiezioni è un lavoro sulla dinamica. La parte distruttiva ingloba la resistenza; rappresenta la difesa che non vuole cedere. Questa parte distruttiva ha un suo perché, non vuole sentire sensazioni, percezioni ed emozioni perché “sentendo” si mette in gioco. Il bambino che è nel paziente adulto a suo tempo ha rinunciato ad una parte di se per adattarsi, e questo, in un altro luogo psichico, genera una forte rabbia. Il legame con l’oggetto cattivo è fortissimo, perché il desiderio profondo è di

“non mollare” i nostri genitori.
 Si tratta di un desiderio inconscio e follemente distruttivo, il bambino interiore è disposto a distruggersi per cambiarli.  

Questa situazione si autoalimenta per non rinunciare all’illusione infantile, inconscia e potentissima: “i miei genitori quello che non mi hanno dato me lo daranno ed io lo riceverò”. L’estrema distruttività è rappresentata proprio dalla mancanza di grounding. Nella realtà non è possibile cambiare quello che è stato il passato, nessuno potrà darci quello che non c’è stato a suo tempo. Nessuno, ad eccezione di noi stessi, della nostra parte adulta. Se la parte adulta non emerge con il radicamento necessario, il bambino che è in noi continua ad indemoniarsi.

Il compito del terapeuta è quello di trasformare i genitori interni.

Fornire un modello diverso da prendere e interiorizzare. Si tratta di un processo molto lungo e veramente complesso, l’illusione non cede così facilmente. Ad esempio, l’illusione: “se sarò buono sarò amato”, costringe l’individuo a non sentire la sua verità e se stesso. E’ forte la paura inconscia di abbandonare tutto questo e arrendersi a se stesso. L’Io può tentare, ma senza una reale integrazione, l’arrendersi è vissuto come un fallimento, come un errore del quale prima o poi ci si pentirà. L’integrazione, per noi bioenergetici, rappresentata dall’unità funzionale mente-corpo, ed è l’unico modo per percepire la resa per quello che realmente è: un passo avanti nella terapia. Arrendersi al proprio sentire è arrendersi a se e rinunciare all’illusione. I genitori non cambieranno mai, il perpetrarsi dell’illusione ci porta a scelte di vita distruttive, ad esempio: uomini che cercano mamme, donne che credono e sperano che il proprio uomo: “se mi ama, sa cosa mi serve”, senza bisogno di comunicarlo. Un uomo indovino, siamo nella follia. In terapia bioenergetica conosciamo molti sistemi per lavorare con la resistenza, si tratta di seguire i passi necessari nel rispetto della finestra di tolleranza del paziente:

• Primo passo: caricare e contenere la resistenza.
• Secondo passo: arrendersi al sentire. Per poter sentire la vera capacità di arrendersi.

La resistenza è evidentemente inconscia, non consapevole, occorre prima “stanarla”. Se non emerge, una possibilità è quella di narrarla attraverso un lavoro di energizzazione.
Ad esempio: guardami negli occhi e dimmi: “non mi arrenderò mai a te! Non mi fiderò mai di te! Perché….”
Successivamente il paziente sarà invitato a comunicare da chi è stato manipolato, anche utilizzando il proprio “demone” shapiriano.
Ad esempio: “Chi ti ha manipolato così bene, che ancora oggi lo butti a destra e a manca?”

Pensando al percorso terapeutico attraverso la metafora del lungo viaggio di Ulisse, raccontato da Omero nell'Odissea:
Quando partirai, diretto a Itaca, che il tuo viaggio sia lungo ricco di avventure e di conoscenza. Non temere i Lestrigoni e i Ciclopi né il furioso Poseidone; durante il cammino non li incontrerai se il pensiero sarà elevato, se l’emozione non abbandonerà mai il tuo corpo e il tuo spirito. I Lestrigoni e i Ciclopi e il furioso Poseidone non saranno sul tuo cammino se non li porterai con te nell’anima, se la tua anima non li porrà davanti ai tuoi passi. Spero che la tua strada sia lunga. Che siano molte le mattine d’estate, che il piacere di vedere i primi porti ti arrechi una gioia mai provata. Cerca di visitare gli empori della Fenicia e raccogli ciò che v’è di meglio. Vai alle città dell’Egitto, apprendi da un popolo che ha tanto da insegnare. Non perdere di vista Itaca, poiché giungervi è il tuo destino. Ma non affrettare i tuoi passi; è meglio che il viaggio duri molti anni e la tua nave getti l’ancora sull’isola quando ti sarai arricchito di ciò che hai conosciuto nel cammino. Non aspettarti che Itaca ti dia altre ricchezze. Itaca ti ha già dato un bel viaggio; senza Itaca, tu non saresti mai partito. Essa ti ha già dato tutto, e null’altro può darti. Se, infine, troverai che Itaca è povera, non pensare che ti abbia ingannato. Perché sei divenuto saggio, hai vissuto una vita intensa, e questo è il significato di Itaca. Konstandinos Kavafis [1863-1933), Itaca

 

Dott. Cosimo Aruta
Psicologo, Psicoterapeuta, Analista Bioenergetico, Supervisore
Iscritto all'Ordine degli Psicologi della Lombardia con il n° 12147

Studio di psicologia, psicoterapia, consulenza di coppia, mediazione familiare a Milano

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