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il carattere orale
Durante
l'allattamento. Il fatto di aprirsi e di protendersi comincia
con un’ondata di eccitazione al centro del corpo che fluisce
verso l’alto attraverso il torace e all’infuori attraverso le
braccia, la gola, la bocca e gli occhi. Il sentimento che
accompagna questo movimento può essere descritto come un
protendersi dal profondo del cuore o un aprirsi che si estende
ad includere il cuore. Il neonato si apre e si protende con
amore e così può prendere nel suo corpo l’amore che gli è
offerto.
(Alexander Lowen, La depressione e il corpo,Astrolabio, Roma,1980, cap. I° - pag. 176).
Il carattere orale torva la sua genesi nel periodo in cui la bocca
e gli occhi sono il principale organo di relazione con il mondo,
dove le
attività principali del bambino interessano la nutrizione, l’amore, il sostegno e l’eccitazione. La fase orale comprende la fascia di età
dai 6 mesi a circa due anni di vita,
dove il neonato vive
cicli di sonno e di veglia, alternati a poppate. Il bambino,
progressivamente, sperimenta esplorazioni dell'ambiente, in un graduale processo verso
un primo abbozzo di indipendenza, significativo per le future
esperienze, verso una autonomia corporea. Il fanciullo comunica,
soprattutto nel primo anno di vita, attraverso il pianto, il sorriso, le
espressioni facciali e il movimento; in funzione di quello che
desidera comunicare al mondo degli adulti. Il pianto si
riferisce a sensazioni sgradevoli provenienti dall’insoddisfazione di un suo bisogno, da una
sofferenza corporea (mal di pancia, mal di orecchi, etc), oppure dal
bisogno di cure e attenzione in sintonia con i suoi bisogni (non
indifferenza e non invasione). E' fondamentale la capacità
dell'adulto di sintonizzarsi sui veri bisogni del bambino. Se
questa importantissima sintonizzazione e la conseguente
relazione empatica tra adulto e bambino, avviene solo
parzialmente o non avviene del tutto, il naturale percorso
verso l’autonomia e l’individuazione si arresta o rallenta
notevolmente.
Il diritto del bambino di essere nutrito adeguatamente di
cibo e di amore, nel rispetto dei suoi ritmi personalissimi,
viene così negato, assolutamente o parzialmente. In particolare,
al bambino non viene riconosciuto il suo legittimo diritto di
avere bisogno. L'allattamento rappresenta per il piccolo non
solo un approvvigionamento energetico e plastico di tutti gli
elementi che gli necessitano per la crescita, ma anche amore,
sostegno ed eccitazione. Alexander Lowen ci insegna come la
gioia di questi momenti unici di reciprocità tra la mamma e il
bambino vede il lattante aprirsi e protendersi per ricevere il
seno della madre, al pari degli uccellini di una nidiata, quando
il becco del piccolo, all'arrivo della madre con in
cibo, si spalanca a dismisura (aprendosi addirittura più del
sacco del suo corpo), allungandosi verso il becco materno.
Per il cucciolo umano non si apre solo la bocca, ma anche la
gola, per far scorrere queste sensazioni sublimi, diffondendole per tutto il suo
corpicino. Dall'esterno, osserviamo e ci fanno tenerezza, le
labbra e le mani del piccolo, nella realtà egli si avvicina con
tutto il suo essere al seno della mamma.
Il fatto di aprirsi e di protendersi comincia con un’ondata di eccitazione al centro del corpo che fluisce verso l’alto attraverso il torace e all’infuori attraverso le braccia, la gola, la bocca e gli occhi. Il sentimento che accompagna questo movimento può essere descritto come un protendersi dal profondo del cuore o un aprirsi che si estende ad includere il cuore. Il neonato si apre e si protende con amore e così può prendere nel suo corpo l’amore che gli è offerto.
(Alexander Lowen, La depressione e il corpo,Astrolabio, Roma,1980, cap. I° - pag. 176).
Quando un bambino nel suo spontaneo protendersi incontrerà una
madre con atteggiamento ostile, oppure ambivalente (compresenza
degli opposti: amore/odio, accudimento/indifferenza,
ostilità/rimorso e soccorso, etc), oppure depressivo, sarà
destinato a strutturare un tratto orale nel suo carattere. La
madre del bambino orale non lo nutre adeguatamente attraverso lo
sguardo, ma solo materialmente, e così facendo il bambino
reagisce con rabbia, una rabbia mordace.
Egli non sente il suo bisogno soddisfatto, ma unicamente
riconosciuto dalla mamma e questo stato di deprivazione
struttura in lui una frustrazione insopportabile. Il bambino ha
bisogno di un contatto corporeo caldo e piacevole,
indispensabile affinché possa percepire la propria superficie
del corpo ed imparare a differenziarla dall'ambiente esterno,
come rassicurante confine tra il suo senso di sé e tutto ciò che
si trova esterno a sé. Solo in questo modo riuscirà ad
iniziare ad affermare spontaneamente e armonicamente il proprio senso di identità.
L'allattamento al seno con la
partecipazione dell'amore autentico della mamma, soddisfa tutti
i bisogni orali del bambino, compreso il bisogno fisiologico di
succhiare. Succhiare il seno favorisce movimenti respiratori
indispensabili per imparare ad approfondire ed espandere la
respirazione, con forti e salutari conseguenze sul metabolismo e sulla vitalità del piccolo. Quando l'allattamento
avviene mediante il biberon il bambino è privato del contatto
stimolante tra la sua bocca e il seno della mamma. In alcuni
casi con l'uso del biberon i piccoli non sono nemmeno tenuti in
braccio, privandoli del contatto corporeo con la madre. Quando i
bisogni orali non sono stati soddisfatti il bambino non è mai
pienamente appagato. Questa condizione di sofferenza è
comunicata con il pianto e, se ancora la risposta materna ai
suoi bisogni dovesse dimostrarsi insufficiente o addirittura
negata, il piccolo esaurirà tutta l'energia di cui dispone
disperandosi, urlando e piangendo fino al collasso. L'unica
difesa di cui dispone il bambino, a questo punto, è la negazione
del suo bisogno. Questa estrema manovra difensiva, per il
fanciullo, ha lo scopo di risparmiargli in futuro tale profonda
sofferenza, che proviene dal chiedere lecitamente la
soddisfazione del bisogno con tutte le sue energie, senza
ottenerla e per questo disperarsi e straziarsi.
Tale
terrificante esperienza nella fase pre-verbale, porterà il
bambino alla strutturazione del pensiero reattivo: "Non avrò più
bisogno di chiedere, non chiederò mai più". Da grande, non
avendo vissuto l'esperienza di amore incondizionato, tenderà ad
utilizzare l'empatia per tentare di ricevere nutrimento
affettivo, tratto tipico del carattere orale: una grande
sensibilità a "sentire" gli altri nel tentativo di ottenere
amore. Così facendo rivive da grande l'esperienza infantile con la madre, di dare
senza prendere sufficiente affetto per poter soddisfare
pienamente i
suoi bisogni. La persona adulta con tratti marcati orali del
carattere, sente che chiedere è pericoloso e cercherà in tutti i
modo di essere autonoma, di non avere bisogno degli altri,
perché il bisogno per gli altri evocherà continuamente
l'esperienza di dolore sofferta nelle prime fasi della vita. Un
sintomo tipico delle strutture orali è l'ipocondria,
dove la malattia rappresenta l'unico estremo modo per chiedere e
forse ottenere attenzione e nutrimento affettivo. Il conflitto
inconscio è rappresentato dalla necessità di ricevere amore e la
profonda paura di soffrire e di sperimentare nuovamente la
delusione. Per essere accettato a suo tempo dalla madre ha
costruito la sua struttura caratteriale sulla necessità di non
mostrare alcun bisogno. Questa situazione crea un bambino prematuramente indipendente.
I bambini deprivati, abitualmente, parlano presto, si evolvono
precocemente e dimostrano un
intelligenza impropria per la loro età; abitualmente i genitori
sentono per questa situazione un motivo di orgoglio,
senza riflettere sulla deprivazione patita dal fanciullo. Sono
bambini che mparano a camminare presto,
oppure in ritardo, tuttavia non sono mai veramente sicuri sulle loro gambe,
presentano uno scarso senso dell'equilibrio.
Sono fanciulli impegnati in una incessante lotta per
l'indipendenza, ma senza possedere le potenzialità e le qualità
indispensabili per questo obiettivo. Per questo motivo si forma
una struttura caratteriale apparentemente indipendente e nella
realtà fortemente dipendente. Il vuoto affettivo sofferto
dal bambino ha generato un bisogno insaziabile, infinito e lui
teme inconsciamente che se cederà al bisogno incontrerà
nuovamente il terrore conosciuto. Occorre sottolineare che
nessun individuo possiede un carattere puro. Il progetto di
autoregolazione, auto-espansione segue tutte le esperienze di
vita. Come l'individuo reagisce agli "impatti", rappresenta la
sua modalità difensiva (conflitto tra i diritti/bisogni ed il
sistema difensivo). Come l'ambiente esterno (genitori,
famiglia, asilo, scuola, etc.) accoglie o nega i diritti
dei bambini, condiziona il sistema difensivo (formazione del carattere)
dell'individuo. Non ricevere un riconoscimento al
diritto/bisogno di un bambino rappresenta sempre un trauma per
il piccolo. Le domande da porci sono:
- Quanto è stata grande l'esposizione all'esperienza
traumatica?
- Cosa è successo al corpo del bambino?
- Cosa è mancato e cosa ci doveva essere?
- Quanto contatto è mancato? (Esempio: bambini trasportati
con il marsupio, in contatto con il genitore e bambini in
carrozzina e staccati dal genitore)
- Come è stata l'esperienza della madre con la sua
famiglia di origine?
- Quale qualità è presente nella attuale relazione con il
suo compagno/marito?
- Quanto è forte il desiderio di maternità della madre,
anche come spinta riparatrice ai propri problemi patiti
nella fanciullezza? (quest'ultima domanda condiziona
anche l'esperienza intrauterina del piccolo: utero rilassato
e pulsante che comunica accettazione, o utero contratto e
rigidamente rifiutante).
La nostra vita è scritta nel nostro corpo, nessuno ha una
sola dimensione che lo caratterizza. Conoscere il carattere
offre utili chiavi di lettura per toccare la finestra di
tolleranza di un individuo (empatia), ad esempio: se "sfondo" la
finestra di tolleranza posso invadere l'altro. Occorre superare
le parole, non soffermarsi a quello che le persone dicono, ma
a "come" lo dicono, esplorando quanta energia c'é. Le persone
possono percepire una forza diversa da quella che il corpo
veramente ha. La persona orale percepisce una bassa carica
energetica, davanti ai problemi della vita dice: non ce la faccio! Ma l'energia ci sarebbe.
Quando da bambino si è disperato, ha comunicato alla madre:
"Fammi sopravvivere, ho bisogno". Purtroppo per lui, non è
arrivata una risposta adeguata e lui, sfinito, straziato,
è collassato dopo aver espresso tutta la sua disperazione. In
seguito, non proverà più ad urlare e a disperarsi nella medesima
situazione, perché cercherà, da solo, di autoregolarsi, si
chiude in se stesso nel tentativo di auto-proteggersi. La
struttura orale è segnata nel corpo dalla esperienza traumatica
del collasso. Soprattutto perché si tratta di una struttura pre-verbale (il bambino non ha ancora imparato ad esprimersi
parlando), la prima scrittura/incisione reattiva al trauma
la realizza proprio con il suo corpicino. In seguito, bambini
così traumatizzati, si adattano a chiedere molto
poco, per fuggire da quella esperienza tremenda che a suo tempo
ha portato a sperimentare l'annientamento. Si crea l'illusione orale: è pericoloso
avere bisogno e mi salvo se sarò "falsamente" autonomo.
L'illusione orale continua: è
importante non chiedere e avere un ideale di autosufficienza di
sé. Da adulto, l'orale non potrà godere di ciò che l'altro fa
per lui, perché gli ricorda il fallimento originario della sua
richiesta. Sarà portato a costruire rapporti ambivalenti in
costante scarsa autostima di se stesso.
La persona orale crede che il mondo lo deve risarcire (siccome
non ho avuto, ora il mondo mi deve dare). L'orale si pone
come quello che vuole dare perché in realtà vuole ricevere molto
di più, è un esperto della richiesta indiretta e pretende che il
mondo sappia cogliere i propri movimenti interni. Quando sente
il mondo "cattivo" che non lo capisce, sopraggiunge il collassamento e precipita in depressione. Vede il mondo diviso
in buono e cattivo, come da piccolissimo sentiva il seno buono e
il seno cattivo della madre (Melanie Klein). L'orale è
colmo di amarezza e sfiducia, difficilmente si affida all'altro,
chiede indirettamente per mantenere il controllo della
situazione e teme di poter perdere l'indipendenza. Il suo modo
di chiedere è con gli occhi e con la bocca protesa. Dentro il
suo dilemma, l'orale sente che quando qualcuno gli da, lui si ritira,
perché emerge
la paura di rivivere l'amarezza e la disperazione
(annientamento) primario. Fisicamente, si presenta con una
chiusura per deprivazione, evidente nel torace accasciato,
collassato, non vuole ammettere di poter avere bisogno degli
altri, la disponibilità diretta lo spaventa, è abituato a
chiedere solo indirettamente, spesso facendo finta di occuparsi
lui dell'altro. Gli occhi di sua madre gli hanno trasmesso
ostilità mentre lo allattava, attraverso l'ambivalenza (ti
nutro e non ti guardo o ti guardo male). Il nutrimento
oculare è anche un nutrimento neuronale per il bambino ed un
contatto oculare ostile provoca l'esperienza della deprivazione
nel piccolo. La respirazione dell'orale è bloccata nel torace e
non può scendere nell'addome, è una respirazione che non offre
nutrimento. L'esperienza correttiva consente una retro-posizione
dei monconi delle spalle, l'elevazione dello sterno e un
approfondimento dell'onda respiratoria, sbloccando il diaframma
cronicamente contratto. I piedi si presentano spesso collassati
(piatti) e così gli arti inferiori, sembrano comunicare: io non
ce la faccio, non posso realizzare un buon appoggio per terra.
Per l'orale la terra non è vita, non è l'appoggio sano; per lui
la terra è sofferenza e fugge nell'illusione del corpo. Dal
punto di vista comportamentale, l'orale
è una persona snervante per gli altri, non gli basta mai quello
che ha. Nella forma narcisistica (narcisismo orale),
si osserva la
compresenza della pretesa narcisistica e del bisogno orale,
sente il suo bisogno come un pozzo che non ha fine. La
sensazione del mondo mitico e non disponibile lo riporta al seno
cattivo. Cerca la perfezione nelle relazione; in questo quadro
clinico, dargli amore
significa non farsi risucchiare dalla sua componente aggressiva, rappresentata da una richiesta senza fine. Chi si fa
risucchiare, quando non ce la fa più, inevitabilmente lo
respinge, lo lascia, lo evita,
confermandogli che il mondo è cattivo e riportandolo
all'esperienza primaria.
In terapia la persona orale dovrebbe sentire il suo
terapeuta come colui capace di trarlo fuori da quel pozzo;
quando questo non avviene, nelle sedute continua a lamentarsi
incessantemente. La tendenza orale è di chiedere "male", quasi
con arroganza (in modo provocatorio); indossa una maschera per
non aprirsi, allo scopo di non vivere la sua paura. L'illusione
che crea e alimenta questa paura è dettata dalla convinzione: "se mi apro
e mi metto nelle mani dell'altro, l'altro non ci sarà più". La
sua ansia prende la forma di un soffocamento alla gola (cavità
orale) e la sua modalità difensiva rappresenta anche un modo di
organizzare l'ansia.
La donna con problematiche orali può
scambiare il padre per la madre. La bambina che ha patito la
deprivazione nella fase orale, quando raggiunge quella edipica
(dopo i 3 anni di età), frequentemente, cercherà di sedurre il
padre per ottenere quello che non ha ricevuto dalla madre nel
periodo precedente. Se il padre interpreta il ruolo (si
lascia sedurre e mostra compiacenza inadeguata, oppure respinge
con forza la bambina e reprime il suo protendersi verso di lui), emerge una
struttura isterica nella bambina, da adulta ricercherà un uomo
che si prenda cura di lei, piuttosto che comportarsi da compagno
d'amore in
modo maturo. La tristezza degli aspetti orali può trasformarsi
in dolcezza, tuttavia, se respinti, questi aspetti tornano in
contatto con l'amarezza originaria. Emerge la vergogna di non
essere accolti nel momento della vulnerabilità e di sentirsi
nuovamente "piccoli e umiliati".
Nel ruolo di madre, la donna orale vede suo figlio come mezzo
per soddisfare i suoi bisogni antichi. Accade che il figlio
diventa una parte di nutrimento per la madre. Quella che viene
negata al figlio è la LIBERTA' DI ALLONTANARSI. Il bambino sente
la sua energia come risucchiata dalla madre, che prende e basta,
senza dare nulla nella realtà, ma solo in apparenza. In questa
situazione, la depressione della madre è anche una rabbia che
sfoga verso il bambino che "annienta tutto". Il bambino si adatta spesso a queste
condizioni con una accondiscendenza incondizionata, scambiata
per bontà dal genitore. Quando un bambino è "troppo" buono"
vuol dire che ha compresso molti aspetti di sé. Segue una
scissione che non gli consentirà da adulto di ricordare nulla
della sua infanzia. L'orale si chiude per auto-proteggersi, ma
anche per proteggersi dalla sua rabbia, infatti, quando contatta
il vuoto, contatta anche la sua rabbia. Una insidia per il terapeuta
nel corso delle sedute con una persona dai tratti orali del
carattere è quella di "dare" per paura della rabbia. Il contatto
con la rabbia, tuttavia, è l'unica modalità per guarire. La
parte genitoriale che ci ha dominato di più è il "diavolo" con il
quale dobbiamo fare pace (in terapia si intende), passando dalla rabbia.
Solo in questo modo sarà possibile riappropriarci della vitalità/forza del demone interno,
senza temere il suo potere e le sue strategie. Occorre integrare
dentro la parte ombra del genitore che ha condizionato a suo
tempo il trauma; e che ci rende difficile vivere con gioia e
allegria.
Dott. Cosimo Aruta
Psicologo, Psicoterapeuta, Analista Bioenergetico, Supervisore
Iscritto all'Ordine degli Psicologi della Lombardia con il n° 12147
Studio di psicologia, psicoterapia, consulenza di coppia, mediazione familiare a Milano
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